La preghiera guidata dall'assistente generale, mons. Gualtiero Sigismondi
di Agnese Palmucci
Proprio quello di cui abbiamo bisogno. Proprio il regalo che possiamo fare al mondo. Chiedere al Signore di farci “tenda” per questo popolo numeroso, donandoci la grazia della profezia. Per un mondo che chiede testimoni credibili di Resurrezione. Per una Terra che ha sete di Cielo, e che spera in “giardinieri” che conoscano la strada.
In questa sera di preghiera, nella settimana dell’assemblea nazionale, la distanza non impedisce di sentire quell’”abbraccio benedicente” che don Gualtiero ha rivolto a tutti, iniziando l’incontro. Stupore di questo tempo. Ciascuno si rivolge al Cielo dalla propria casa, eppure, stasera, la chiesa della Domus Mariae, a tutti tanto cara, è a portata di cuore.
"Tu vieni a turbarci, vento dello Spirito" . La preghiera straordinaria di David Maria Turoldo ci ricorda che forse non basterà neppure solo "essere tenda" in questo tempo. Ma che, addirittura, lo Spirito, oggi e domani, per gli anni che succederanno la pandemia, ci chiede di essere qualcosa di più per il mondo, come Chiesa, come Ac. E questo gesto di alzarci dalle nostre sedie per uscire fuori ed accendere una luce, stasera non resta un segno vuoto ma ci racconta quel di più. La radicalità di un impegno amato dal Cielo, essere tenda e custodire la luce, affinché chi passa possa alzare lo sguardo e chiedersi "perché", e poi scoprirsi vivo in quella luce che arde per Lui, proprio per Lui.
“Il profeta è l’uomo dell’attesa” ci ricorda don Gualtiero. Non è colui che vede il futuro ma che interpreta la storia alla luce della volontà di Dio. Questo siamo chiamati a vivere come singoli e come associazione. Essere quelli che sanno vedere i frutti sotto la neve, senza sentirci gli unici, senza sentirci in potere di giudizio. L'Antico Testamento ci apre gli occhi, perché Mosè risponde, a chi gli dice di far tacere chi profetizza e non è “dei loro”, che "magari profetizzassero tutti". Magari tutti gli uomini, per un istante, grazie a noi, potessero alzare lo sguardo e sentirsi parte insostituibile del popolo di Dio, bambini, giovani e anziani. Magari riuscissimo a spostare queste tende fino a raggiungere i confini della terra, le periferie delle nostre città, le tristezze di chi è solo e di chi è invisibile.
Ti preghiamo Signore, di farci tende mobili. Di poter allungare le mani, per stringere le sofferenze, i desideri, i sogni, le lacrime, le persecuzioni. Di commuoverci dal profondo per l'umanità e le sue ferite. Le nostre e quelle del mondo. Per essere popolo e camminare da popolo accanto ai fratelli che non sanno di essere figli amati di questa Chiesa.
Donaci di fermarci solo per spingere verso il Cielo tutte le grida di aiuto che escono a singhiozzi dalle bocche stanche. Nella nostra vita quotidiana, in parrocchia, nei luoghi di studio e lavoro, in famiglia, per le strade. E di mettere tutto questo nei nostri cammini, nelle nostre attività, nei nostri slanci missionari. Nella consapevolezza che sei Tu, Dio, a guidare il tuo popolo.
Noi conosciamo bene la meraviglia di vivere con un popolo che si conosce e riconosce, ma ne conosciamo altrettanto bene i rischi e le ferite. Come il rifiuto sperimentato anche da Gesù, che insegnando nella sinagoga non viene capito da suoi. Quante volte nelle nostre comunità e associazioni capita di ridimensionare i sogni degli altri? Di giudicare, di presumere che alcuni difetti dei fratelli non potranno mai cambiare. Quante volte vogliamo primeggiare soffocando le profezie dei più giovani, o lasciando da parte i sogni degli anziani? Dacci la forza di gareggiare nello stimarci a vicenda.
Le parole di Vittorio Bachelet, come scritte oggi, ci ricordano che il mondo ha un bisogno urgente di uomini e donne "di Emmaus". Uomini e donne che hanno riconosciuto il Signore dopo essere stati tentati dalla sfiducia, come tutti gli altri. Credibili, che hanno visto la morte, hanno visto i chiodi, ma hanno cantano inni di resurrezione mentre ancora piangevano. Con la consapevolezza che la testimonianza è connaturata nella nostra esperienza di laici di Ac.
Con i fiori in ricordo di tutti coloro che hanno sofferto e sono morti per la pandemia, l’abbraccio si allarga. Donaci Signore, di essere un'Ac capace di sogni profetici, tenda in movimento che non custodisce gelosamente la Tua luce. Un'Ac capace di radunare un popolo inquieto, con la forza della gentilezza e della valorizzazione dei carismi di ciascuno. Un'Ac dal cuore giovane, che corre avanti come Giovanni al sepolcro per annunciare al mondo la Resurrezione, dopo tre giorni lunghi un anno, in cui il mondo ha perso la speranza. Perché tu Signore non sei più nel sepolcro.